Lo certifica il rapporto del ministero del lavoro e dell'Anci
10 mila operai agricoli migranti vivono in ghetti e senza diritti
E tuttavia i dati sono largamente sottostimati

Presentato il 19 luglio scorso il Rapporto “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare" nell'ambito del "Piano triennale di contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato 2020-2022" elaborato da sindaci, assessori, dirigenti, funzionari e impiegati di 3.851 Comuni italiani, in collaborazione con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e l'ANCI.
Il Rapporto contiene un'importante indagine nazionale sulle condizioni dei migranti occupati nel settore agro-alimentare in Italia, spesso e volentieri privati di ogni diritto, non a caso infatti definiti "gli invisibili".
Sono circa 10mila gli operai agricoli migranti nel nostro Paese, presenti massicciamente al Sud, ma impiegati anche al Nord, specie in Piemonte e Lombardia.
In particolare in termini assoluti il maggior numero è insediato nella provincia di Cuneo che risulta essere la Provincia con il maggior numero di strutture alloggiative, temporanee o stabili attivate da soggetti pubblici o privati, nelle quali vivono i lavoratori, peraltro oggetto da sempre di violenti campagne razziste orchestrate in particolare da Lega, FdI e le altre forze putride e xenofobe del neofascismo italiano, in parte manovrate e pagate, specie in Piemonte, com'è noto, anche dall'imperialismo russo e dal nuovo Zar Putin nell'ambito della sua criminale guerra nazista contro l'Ucraina. Si veda il caso dell'assessore regionale alla Cooperazione internazionale (sic!) di FdI, Maurizio Marrone.
Il Report divide le strutture in cui vengono ospitati i migranti, in formali e "informali" ovvero spontanei, non autorizzati, meglio noti come ghetti.
Gli insediamenti formali sono costituiti dalle abitazioni private e da strutture, temporanee o stabili, attivate da soggetti pubblici o privati, spesso e volentieri in questo caso caporali al soldo di sfruttatori di ogni risma e colore, in particolare mafiosi, responsabili di condizioni bestiali e inumane imposte agli operai agricoli tanto in termini economici che sanitari, sociali e abitativi, triste effetto della legge del massimo profitto e della necessità di manodopera a bassissimo costo, specie in un periodo di crisi economica, idrica, climatica e con un'inflazione galoppante dovuta all'enorme aumento anche del costo delle materie prime.
In termini di qualità della vita e dei servizi offerti ai migranti dunque la differenza tra gli insediamenti formali e informali è spesso inesistente.
Naturalmente gran parte di queste condizioni viene coperto, vuoi dalla stampa del regime (che ha tutto l'interesse a dividere i lavoratori autoctoni dai migranti, cosa che avviene fin dall'avvento dello stesso sistema capitalista), vuoi da un modo di leggere i dati francamente poco convincente: "il 78% dei lavoratori migranti occupati nel settore agricolo vivono in abitazioni private e in poco meno del 22% dei Comuni sono invece presenti strutture alloggiative temporanee o stabili attivate da soggetti pubblici o privati e/o insediamenti informali..." viene scritto nel rapporto.
Ma com'è possibile che sia così se tanto i clandestini quanto i regolari, tanto i precari quanto gli stabili guadagnano talmente poco da non potersi permettere un alloggio degno di questo nome a prezzi di mercato viste le paghe da fame?
La verità è che chi vive in "abitazioni private" nell'ambito degli insediamenti formali il più delle volte lo fa vivendo ammassato insieme a decine di sfruttati in pochi metri quadri, in condizioni igieniche precarie e all'interno di un circuito di sfruttamento della manodopera ben organizzato e ben gestito dai criminali che li sfruttano come schiavi, che spesso e volentieri trattengono dalle miserabili paghe anche i costi degli affitti irregolari e in nero all'interno di immobili di prestanomi delle organizzazioni criminali, con la complicità e il silenzio omertoso delle istituzioni borghesi locali, a cominciare dai Comuni, che non controllano come dovrebbero il decoro abitativo (e il relativo pagamento delle utenze che pure fa parte dell'aspetto tributario che invece per alcuni cittadini ormai poveri e indigenti diventa vessatorio e insopportabile) svelando quindi di fatto un sistema corruttivo, fatto di mazzette ai politicanti borghesi e ai funzionari pubblici, che rende possibile la "giostra" dello sfruttamento della manodopera con tutti i nessi e connessi che questo comporta in termini economici, sociali, sanitari per i migranti e i cittadini, a tutto vantaggio dei pescecani capitalisti, delle mafie e dei loro servi, laddove per mafie si intendono anche le organizzazioni criminali straniere, si pensi alla mafia cinese e alle tremende condizioni di vita dei migranti cinesi e le loro comunità in varie parti d'Italia, specie in Toscana.
Le condizioni di vita poi peggiorano nei cosiddetti insediamenti informali, spesso veri e propri lager, con tanto di vittime prodotte dalla mancanza di igiene e da ogni forma di sicurezza e decoro, dove mancano spesso e volentieri persino i servizi essenziali. Emblematico il caso delle tendopoli e in particolare di quella di San Ferdinando in Calabria.
Per quanto riguarda i centri formali poi cosa particolarmente grave è che la metà di questi centri, legati ai vari circuiti della rete SAI/SIPROIMI/SPRAR e ai Centri di Accoglienza Straordinaria (CAS), esistono ormai da decenni, rimangono vuoti durante i periodi di rotazione del personale dovuto al cambio delle colture e si sarebbe potuto e dovuto intervenire per chiuderli, cosa che evidentemente nessuno ha la volontà economica e politica di fare accadere.
Fra l'altro formali e informali che siano, gli alloggi dei migranti (al centro di infinite inchieste giudiziarie) sono in mano anche ai politicanti borghesi e quindi indirettamente ai loro burattinai borghesi e mafiosi, i quali quindi non hanno alcuna intenzione di deviare denaro pubblico verso i diritti del lavoro, sanitari e abitativi dei migranti, come sbandierato anche nel famigerato, antipopolare, superato e al servizio dei padroni PNRR, ma semmai di farli intascare a chi di dovere, garantendosi così anche i voti delle consorterie mafiose che gestiscono il traffico dei migranti.
Non va dimenticato che questo infame settore economico, quello dello sfruttamento della manodopera a basso costo, genera milioni di euro, è un business che ha volumi non troppo lontani da quelli del settore degli stupefacenti come ammise chiaramente Salvatore Buzzi, insieme a Massimo Carminati il boss fascista di "Mafia capitale" in un'intercettazione eseguita dal ROS dei Carabinieri per conto della Procura di Roma, rivolgendosi a Pierina Chiaravalle, sua collaboratrice: “[...] Tu c'hai idea de quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico de droga rende meno...”
Insomma il rapporto, per quanto importante, sembra ispirato dal ministro Orlando del Pd e puzza di campagna elettorale. Poi perché mancano più della metà dei comuni italiani? Non hanno voluto partecipare al rapporto, specie al Sud e perchè? Qualcuno non ha voluto, per drogare i dati in senso più positivo, questa è la verità.
Lo si capisce dal paragrafo a pag. 7 della sintesi in pdf dopo la tabella, che sembra un filmato dell'istituto Luce: “La situazione risulta essere completamente diversa se si prendono in considerazione gli interventi messi in atto negli insediamenti formali, dove nella maggioranza dei casi sono presenti tutti i servizi finalizzati a favorire l’integrazione dei migranti, oltre agli interventi socio-sanitari. In oltre il 70% delle strutture alloggiative temporanee o stabili attivate da soggetti pubblici o privati dove si riscontra la presenza di lavoratori stranieri occupati nel settore agro-alimentare sono attivi servizi di mediazione culturale e assistenza sociale, così come, seppur in maniera più circoscritta, servizi e interventi legati al mondo del lavoro (formazione professionale, rappresentanza sindacale, lotta al lavoro nero/caporalato)”. Ma per favore, no ci venite a dire che si trovano in un hotel a 5 stelle!
Nel Rapporto si sostiene poi che: "I risultati della mappatura indicano, inoltre, che in diversi Comuni la strada disegnata dal Piano triennale sia già stata intrapresa ma che per la maggior parte delle realtà locali sia ancora tutta da percorrere. In particolare, i Comuni, in prossimità delle competenze più proprie, risulta abbiano promosso interventi per favorire l’accesso alla casa o la realizzazione di insediamenti abitativi volti ad ospitare lavoratori stranieri occupati nel settore agro-alimentare. Negli ultimi 3 anni, dei 608 Comuni che hanno dichiarato la presenza di migranti impiegati nel settore agro-alimentare in 54 (8,9%) hanno realizzato interventi riconducibili alla riqualificazione di immobili pre-esistenti o all’edilizia residenziale pubblica. In prospettiva futura, sempre su questo versante, risulta interessante rilevare che dalle risposte dei Comuni è emerso che il numero complessivo di spazi presenti sui propri territori destinabili ai migranti che lavorano nell’agro-alimentare supera le mille unità e che potrebbero (quando?) arrivare ad ospitare complessivamente più di 6mila persone. Infine, 14 Comuni, hanno dichiarato inoltre di aver elaborato almeno uno studio di fattibilità volto alla realizzazione di alloggi destinati ad ospitare lavoratori migranti e 28 hanno espresso la volontà di elaborare a breve tali progetti di fattibilità. Questi dati dimostrano che inizia a diffondersi una buona consapevolezza delle criticità territoriali e una forte necessità di agire in modo efficace e coordinato”.
Questi dati risultano pompati e truffaldini, tipici del clima elettorale, poiché i comuni in Italia sono oltre ottomila, quelli citati sono troppo pochi.
Inoltre tra i rappresentanti dei migranti e gli attivisti nessuno sembra aver notato un solo effetto positivo, nemmeno in fase progettuale, di questo tanto sbandierato piano triennale che non ha contrastato proprio un bel niente, come ammette infine lo stesso Rapporto: "Come è stato più volte sottolineato in precedenza, i fenomeni di sfruttamento lavorativo e caporalato non sono né territorialmente circoscritti né recenti. Sono problematiche afferenti a 'schemi mentali, prima ancora che produttivi, ben definiti e radicati'. L’immigrazione non ha generato questa situazione ma la sta trasformando e caratterizzando attraverso una progressiva sostituzione degli autoctoni sia sul versante dei lavoratori che su quello dei caporali portando a un conseguente innalzamento dei margini di profitto e producendo quella che è stata definita 'la più grande mutazione antropologica' degli ultimi decenni nel Mezzogiorno d’Italia. Secondo gli studi di Leogrande la prioritaria caratteristica delle trasformazioni che stanno avvenendo in questo ambito è indotta dal fatto che i migranti sono considerati estranei al contesto sociale e abitativo dei territori e quindi non godono del sostegno e del rispetto collettivo... Emerge, dunque, 'la centralità stessa della segregazione spaziale-abitativa rispetto allo sfruttamento del lavoro' dove la 'sistemazione spaziale rafforza la sovrapposizione di lavoro, tempo libero, riposo e più in generale la riproduzione della vita quotidiana di un individuo o di un gruppo in un unico luogo'. Insediamenti informali e fenomeni di ghettizzazione non sono quindi problematiche esclusivamente abitative e non riguardano solo i migranti ma aggravano le condizioni lavorative, economiche e sociali di interi territori. Sono queste considerazioni che hanno indotto a porre al centro dell’indagine presentata le comunità locali e le amministrazioni comunali consentendo di valorizzarne e potenziarne le risorse (ma dove?). Come evidenziato dal Piano triennale per contrastare sfruttamento e caporalato in agricoltura: 'l’indisponibilità di stime statistiche affidabili (!) sul fenomeno dello sfruttamento dei lavoratori e delle lavoratrici in agricoltura rende difficile la programmazione degli interventi e delle risorse finanziarie da parte delle istituzioni nazionali e territoriali competenti'”.
Dunque alcuni dati, quelli più "positivi" sono appunto falsati purtroppo e occorre togliersi dalla testa di poter arginare e migliorare nel medio-lungo periodo le terribili condizioni dei migranti con le politiche fallimentari, razziste, schiaviste e filomafiose messe in atto, altro che chiacchiere!
La condizione dei migranti, il Rapporto, contraddittorio, falsato e manipolato dal governo Draghi, che ha cianciato di interventi non realizzati e nemmeno programmati, per poi ammettere il totale fallimento delle politiche sin qui adottate sulla pelle dei migranti la dicono lunga sulla realtà delle decine di migliaia di lavoratori immigrati che vivono in Italia sotto il tallone di ferro del capitalismo, del regime neofascista e della Ue imperialista.
Per noi marxisti-leninisti urge riconoscere ai migranti pari diritti, frontiere aperte, accoglienza, lavoro stabile, a tempo pieno, a salario intero e sindacalmente tutelato, assistenza sanitaria gratuita, universale e senza ticket, istruzione, abitazioni decorose e a prezzi popolari e ogni altro diritto negato, stroncando ogni forma di razzismo, cominciando dallo scioglimento delle forze razziste e fasciste, riconoscendo loro per tutta la durata della pandemia ancora in corso il Reddito di emergenza di 1200 euro al mese, come per tutti i disoccupati e i senza reddito, considerate le loro paghe da fame.
La terribile condizione dei migranti in Italia, la liquidazione delle mafie, dello sfruttamento dell'uomo sull'uomo, del razzismo e del fascismo, frutti marci del capitalismo, potranno realizzarsi definitivamente solo con il socialismo e la conquista del potere politico da parte del proletariato.
 

19 ottobre 2022